La Divina Commedia di Dante Alighieri Inferno Canto XXVIII. Note al canto

Inferno, c. XXVIII, vv. 73-75

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LA DIVINA COMMEDIA di Dante Alighieri (INFERNO) - CANTO XXVIII

Chi poria mai pur con parole sciolte
dicer del sangue e de le piaghe a pieno
ch'i' ora vidi, per narrar più volte? (3)

Ogne lingua per certo verria meno
per lo nostro sermone e per la mente
c'hanno a tanto comprender poco seno. (6)

S'el s'aunasse ancor tutta la gente
che già, in su la fortunata terra
di Puglia, fu del suo sangue dolente (9)

per li Troiani e per la lunga guerra
che de l'anella fé sì alte spoglie,
come Livïo scrive, che non erra, (12)

con quella che sentio di colpi doglie
per contastare a Ruberto Guiscardo;
e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie (15)

a Ceperan, là dove fu bugiardo
ciascun Pugliese, e là da Tagliacozzo,
dove sanz' arme vinse il vecchio Alardo; (18)

e qual forato suo membro e qual mozzo
mostrasse, d'aequar sarebbe nulla
il modo de la nona bolgia sozzo. (21)

Già veggia, per mezzul perdere o lulla,
com' io vidi un, così non si pertugia,
rotto dal mento infin dove si trulla. (24)

Tra le gambe pendevan le minugia;
la corata pareva e 'l tristo sacco
che merda fa di quel che si trangugia. (27)

Mentre che tutto in lui veder m'attacco,
guardommi e con le man s'aperse il petto,
dicendo: «Or vedi com' io mi dilacco! (30)

vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto. (33)

E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così. (36)

Un diavolo è qua dietro che n'accisma
sì crudelmente, al taglio de la spada
rimettendo ciascun di questa risma, (39)

quand' avem volta la dolente strada;
però che le ferite son richiuse
prima ch'altri dinanzi li rivada. (42)

Ma tu chi se' che 'n su lo scoglio muse,
forse per indugiar d'ire a la pena
ch'è giudicata in su le tue accuse?». (45)

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«Né morte 'l giunse ancor, né colpa 'l mena»,
rispuose 'l mio maestro, «a tormentarlo;
ma per dar lui esperienza piena, (48)

a me, che morto son, convien menarlo
per lo 'nferno qua giù di giro in giro;
e quest' è ver così com' io ti parlo». (51)

Più fuor di cento che, quando l'udiro,
s'arrestaron nel fosso a riguardarmi
per maraviglia, oblïando il martiro. (54)

«Or dì a fra Dolcin dunque che s'armi,
tu che forse vedra' il sole in breve,
s'ello non vuol qui tosto seguitarmi, (57)

sì di vivanda, che stretta di neve
non rechi la vittoria al Noarese,
ch'altrimenti acquistar non saria leve». (60)

Poi che l'un piè per girsene sospese,
Maometto mi disse esta parola;
indi a partirsi in terra lo distese. (63)

Un altro, che forata avea la gola
e tronco 'l naso infin sotto le ciglia,
e non avea mai ch'una orecchia sola, (66)

ristato a riguardar per maraviglia
con li altri, innanzi a li altri aprì la canna,
ch'era di fuor d'ogne parte vermiglia, (69)

e disse: «O tu cui colpa non condanna
e cu' io vidi in su terra latina,
se troppa simiglianza non m'inganna, (72)

rimembriti di Pier da Medicina,
se mai torni a veder lo dolce piano
che da Vercelli a Marcabò dichina. (75)

E fa sapere a' due miglior da Fano,
a messer Guido e anco ad Angiolello,
che, se l'antiveder qui non è vano, (78)

gittati saran fuor di lor vasello
e mazzerati presso a la Cattolica
per tradimento d'un tiranno fello. (81)

Tra l'isola di Cipri e di Maiolica
non vide mai sì gran fallo Nettuno,
non da pirate, non da gente argolica. (84)

Quel traditor che vede pur con l'uno,
e tien la terra che tale qui meco
vorrebbe di vedere esser digiuno, (87)

farà venirli a parlamento seco;
poi farà sì, ch'al vento di Focara
non sarà lor mestier voto né preco». (90)

E io a lui: «Dimostrami e dichiara,
se vuo' ch'i' porti sù di te novella,
chi è colui da la veduta amara». (93)

Allor puose la mano a la mascella
d'un suo compagno e la bocca li aperse,
gridando: «Questi è desso, e non favella. (96)

Questi, scacciato, il dubitar sommerse
in Cesare, affermando che 'l fornito
sempre con danno l'attender sofferse». (99)

Oh quanto mi pareva sbigottito
con la lingua tagliata ne la strozza
Curïo, ch'a dir fu così ardito! (102)

E un ch'avea l'una e l'altra man mozza
levando i moncherin per l'aura fosca,
sì che 'l sangue facea la faccia sozza, (105)

gridò: «Ricordera'ti anche del Mosca,
che disse, lasso!, "Capo ha cosa fatta",
che fu mal seme per la gente tosca». (108)

E io li aggiunsi: «E morte di tua schiatta»;
per ch'elIi, accumulando duol con duolo,
sen gio come persona trista e matta. (111)

Ma io rimasi a riguardar lo stuolo,
e vidi cosa ch'io avrei paura,
sanza più prova, di contarla solo; (114)

se non che coscienza m'assicura,
la buona compagnia che l'uom francheggia
sotto l'asbergo del sentirsi pura. (117)

Io vidi certo, e ancor par ch'io 'l veggia,
un busto sanza capo andar sì come
andavan li altri de la trista greggia; (120)

e l' capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna:
e quel mirava noi e dicea: «Oh me!». (123)

Di sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due;
com' esser può, quei sa che sì governa. (126)

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Quando diritto al piè del ponte fue,
levò 'l braccio alto con tutta la testa
per appressarne le parole sue, (129)

che fuoro: «Or vedi la pena molesta,
tu che, spirando, vai veggendo i morti:
vedi s'alcuna è grande come questa. (132)

E perché tu di me novella porti,
sappi ch'i' son Bertram dal Bornio, quelli
che diedi al re giovane i ma' conforti. (135)

Io feci il padre e 'l figlio in sé ribelli;
Achitofèl non fé più d'Absalone
e di Davìd coi malvagi punzelli. (138)

Perch' io parti' così giunte persone,
partito porto il mio cerebro, lasso!,
dal suo principio ch'è in questo troncone.
Così s'osserva in me lo contrapasso». (142)

Inferno, c. XXVIII, vv. 73-75

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NOTE AL CANTO XXVIII

(1-6) poria: potrebbe; pur: eziandio; con parole sciolte: «sparte in prosa, non che in rima» (B.); dicer... appieno: dir pienamente; ch'i' ora vidi: nella nona bolgia; per narrar più volte?: sebbene si rifacesse più volte a narrarle?; verria meno: fallirebbe alla prova; per lo nostro sermone: per la limitazione della parola e della mente (memoria) umana; c'hanno... poco seno: poca capacità, ecc. «Tenuta: fuori d'ogni contegno d'umana mente» (Lanèo).
(7-21) S'el s'aunasse ancor tutta la gente: si mettesse insieme...; con quella che... e l'altra, ecc.: Ad esprimere il sangue e le piaghe che vide, accoglie insieme le ferite e gli strazj di parecchi cruenti campi di battaglia; fortunata: fortunosa - teatro de' giuochi della fortuna. «Fateful» (Lf.); fu del suo sangue dolente: si dolse delle sue ferite; per li Troiani: il Buti intende la sconfitta di Turno (lo quale aveva seco in aiuto tutto lo sforzo di Puglia), ed annovera così con altri cinque campi di battaglia. Il Lf. pone prima la battaglia di Malevento (Livio, X, 15) - e il sangue sparso dai Romani nella conquista della Puglia; e per la lunga guerra punica; che de l'anella, ecc.: La seconda guerra punica durò diciassette anni, nella quale Annibale, tra l'altre, diede a' Romani la sconfitta di Canne in Puglia, ove morirono tanti cavalieri romani, che degli anelli tratti loro di dito s'empierono tre moggia e mezzo, o secondo più discreta stima, un moggio. Conv., IV, 5: «Per la guerra d'Annibale, avendo perduti tanti cittadini, che tre moggia d'anella in Africa erano portate, li Romani vollero abbandonare la terra»; come Livïo scrive, che non erra: «perché Livio fu istoriografo e non poeta, e srisse la pura veritade delle istorie romane» (B.); con quella che sentìo di colpi doglie: con quella gente che sentì il dolore d'aspre percosse; per contastare a Ruberto Guiscardo: G. Vill., IV, 18-19: «Gli anni di Cristo 1070 passò in Italia (la prima volta) Roberto Guiscardo, il quale non fu duca di Normandia, ma fratello del duca Ricciardo. Povero e bisognoso in Puglia venne, e era in quel tempo duca Ruberto, nato del paese: molte vittorie con prodezze contro a' nemici (di Roberto) mostrò, e guiderdonato magnificamente, tornò in Normandia... (Tornato in Italia), Ruberto, vegnendo alla morte, nel ducato il fece successore, e, come promesso gli avea, la figliuola prese a moglie gli anni di Cristo 1078. E poco tempo passato, Alessio imperadore di Costantinopoli, che Cicilia e parte di Calavra aveva occupata, e' Viniziani vinse, e tutto il regno di Puglia e di Cicilia prese. V. Par., XVIII»; e l'altra il cui ossame ancor s'accoglie - a Ceperan: città del regno di Napoli, sui confini dello Stato ecclesiastico, dove il conte Giordano, capitano delle genti di Manfredi, pei frodolenti consigli del conte di Caserta abbandonò senza combattere il ponte del Garigliano e il passo d'una gola di monti insuperabile, ai soldati di Carlo d'Angiò. L'effusione di sangue non fu veramente a Ceperano, ma prima a San Germano, e con finale rovina a Benevento, nel 1266 (Purg., III, 128). Dante pone Ceperano, perché quivi era la chiave della vittoria; là dove fu bugiardo, ecc.: G. Vill., VI, 5-9: «Lo re Manfredi, lo quale con sua schiera de' Pugliesi stava al soccorso dell'oste (vistala dar piega), si confortò la sua gente che 'l seguissono alla battaglia, da' quali fu male inteso; perocché la maggior parte de' baroni pugliesi e del Regno, come genti infedeli e vaghi di nuova signoria, sì fallirono a Manfredi, abbandonandolo e fuggendosi»; e là da Tagliacozzo: e presso a Tagliacozzo, castello nell'Abruzzo ulteriore, ove combatterono Carlo d'Angiò, già divenuto re di Puglia e di Sicilia, e Corradino, nipote dello spento Manfredi, venuto di Germania; il vecchio Alardo: o Erardo di Valery, conestabile di Sciampagna, vecchio cavalier francese, che co' suoi consigli fece vincer quella battaglia a Carlo d'Angiò, 23 ag. 1268. - E gli accorgimenti del vecchio Alardo non si restrinsero al primo aguato, cfr. G. Vill., VII, 26-27; e qual mostrasse le sue ferite e quale il membro mutilato - sarebbe nulla, non si arriverebbe a rappresentare l'aspetto orribile e deforme della nona bolgia.
(22-24) Già veggia, ecc.: «veggia, botte; per... perdere: perdendo - mezzul: la parte di mezzo del fondo dinanzi alla botte, dove s'accomoda la cannella - tempano» (B.); lulla: la parte di esso fondo che sta di qua e di là dal mezzule. «Li fondi delle botti sono di tre pezzi (doghe): quello di mezzo è detto mezzule, e li estremi hanno nome lulle» (Lanèo); così non si pertugia: non rimane così forata come io vidi uno spaccato dal mento infin dove si trulla, si spetezza.
(25-30) le minugia: le budella; la corata: «il pericardio» (Bl.). Il Buti: «fegato, cuore e polmone». «Nello stesso senso si dice ancora courée in qualche provincia della Francia, specialmente in Brettagna - i visceri superiori» (Ls.); «pareva: si vedeva - e 'l tristo sacco: gl'intestini crassi, che separano le feccie» (Ces.); m'attacco: «m'affiso» (B.); mi dilacco: «mi straccio et apro» (B.).
(31-33) storpiato: «guasto - sciarrato» (B.); Maometto: fondatore dell'Islamismo, nato alla Mecca l'aprile del 569 d. C., morto a Medina nel 632) «Dante - dice il Köpisch - non fa di Maometto un avversario del Cristianesimo, ma un settario che ne ha rotto l'unità. E Fazio dice che Maometto confessa Cristo profeta santissimo, nato della Vergine, beato più che uomo: "Figliuol di Dio non vuol dir ch'esso sia - Con Ario se ne va da questo lato". E altrove: "Concede all'uom quante vuol mogli prenda - E concubine, se a pascerle ha possa, - E qui con fra Dolcin par che s'intenda"»; Alì: genero e apostolo di Maometto, fondatore della setta degli Sciiti. - Dittam.: «Costui si volse far maggior profeta - di Macometto e più capitoi mise - Nella lor legge, e più di fuor ne getta». Abubekr è il capo degli ortodossi o dei Sunniti; al ciuffetto: «infino alla sommità del capo» (B.).
(35-42) scisma: «è divisione e separamento dalla unità della fede e dalla carità. Le spezie dello scisma sono tre: cioè dipartimento dalla fede cristiana, e questo propriamente si chiama scisma; dipartimento dalla concordia civile, e questo si chiama parzialità; e dipartimento dal prossimo, e questo si chiama scandalo; e questa ha altra specie: cioè dipartimento de' congiunti per affinità, e dipartimento de' congiunti per amicizia» (B.); vivi: in vita; n'accisma: dal provenzale acesmar, ne acconcia, ne concia male. Il Buti: «ascisma, divide e taglia noi - al taglio de la spada, ecc., rifendendo a ciascuno la sua piaga saldata»; come abbia compito il giro del doloroso vallone; risma: «si chiama lo legato delle carte della bambagia di XII quaderni e qui si pone per la setta» (B.). «Risma, cioè ordine, come una risma di bicchieri, cioè uno ordine» (Anonimo fiorentino); però che le ferite, ecc.: le nostre piaghe si risaldano; prima ch'altri: alcuno di noi torni a passare davanti a quel diavolo.
(43-45) muse: «musi - guardi fiso - indugi» (Anonimo fiorentino). «Musest» (Lf.). V. verso 28; ch'è giudicata, ecc.: stanziata secondo le colpe di che ti sei confessato ed accusato a Minos.
(55-60) fra Dolcin: l'Anonimo fiorentino: «Fu delle montagne di Noarra, in Lombardia, grande scienziato, tanto che gli venne nel pensiero di fare, là per quelle montagne, quello che avea fatto Macometto nel Levante: et cominciò a predicare, et molti uomini del paese rivolse dalla diritta fede, e recogli a questa sua resia; tanto che papa Bonifazio (Clemente V) scrisse al vescovo di Vercelli che perseguitasse lui et chiunque gli credea... Tiravasi dirietro ben quattromila fanti. Fugli bandita la croce addosso... tenevasi gagliardamente... la neve (assedio celestiale; O.) il costrinse; non possendo avere vittuvaglia, per fame s'arrendé, e venne preso a Vercelli, et non si volle mai pentere, né confessare l'errore suo, ché forse gli sarebbe stato perdonato; anzi dicea che, s'egli morisse, risusciterebbe il terzo dì. Egli fu attanagliato, e fu di tanta costanza, che mai non si dolse, né fece vista che gli dolessi; e poi ch'egli fu morto, la moglie, ch'ebbe nome madonna Margherita (da Trento), et fu delle belle donne del mondo, mai non si volle pentere, dicea ch'ella l'aspettava, ch'egli risusciterebbe il terzo dì; ultimamente ella fu morta com'elli. Et seppe sì questo fra Dolcino seminare questa resia, che ancora tutto dì ne sono arsi». L'Ottimo commento: «E io scrittore ne vidi de' suoi ardere a Padova in numero di ventidue a una volta; gente di vile condizione, idioti e villani». Benv. seppe molti particolari dal nipote del medico di fra Dolcino, Magister Raynaldus de Bergomo: «Fuit de comitatu Novariae; de vico qui dicitur Pratum; parvae staturae... acutissimi ingenii. Et multi crucesignati venerunt de Gallia Transalpina, sicut de Vienna, Sabaudia, Provincia, et Francia. Feminae porrexerunt manum huic bello. Nam viduae feminae miserunt D. balistarios». Della fame soggiunge: «Comederunt usque ad pellicias». Della sua costanza ne' supplizj: «Cum tenaculis ignitis truncantibus carnes et spoliantibus usque ad ossa, et ductus vicatim per civitatem... inter tot et tam varia tormenta dicitur nunquam mutavisse faciem; nisi semel in amputatione nasi, quia strinxit parum spatulas; et in amputatione virilis membri, juxta portam civitatis, quae dicitur Picta, ubi traxit maximum suspirium, cum contractione narium. Poterat martyr dici si poena faceret martyrem et non voluntas». Fu arso vivo a Vercelli il 1 giugno 1307. Pare che intendesse alla riforma del culto e dei costumi nell'Italia superiore: e che le accuse fattegli di volere la comunanza delle mogli e dei beni fossero calunnie. Vedi il libro del nostro Baggiolini; s'armi... di vivanda: «si provveda di vettovaglie - che n'abbia il verno» (B.); qui tosto seguitarmi: venir tosto a star qui meco; stretta di neve: «che la strettura della neve non lo faccia morir di fame» (B.). «No stress of snow» (Lf.); ch'altrimenti acquistar, ecc.: che non sarebbe facile acquistar sopra lui fuor di questo modo.
(63-71) indi a partirsi, ecc.: quindi, affine di partirsi, pose a terra il piede sospeso, per compiere il passo incominciato; mai ch'una orecchia sola: se non che una sola orecchia; «innanzi a li altri: prima degli altri; aprì la canna: della gola» (B.); vermiglia: «sanguinosa» (B.); in su terra latina: in Italia.
(73-75) Pier da Medicina: Uno di Medicina, terra posta tra Bologna e Imola, il quale seminò discordie tra Guido da Polenta e Malatestino da Rimini. «Gentiluomo dei Cattani; fu seminatore di scandalo tra' cittadini bolognesi e tra i tiranni di Romagna» (B.). «Fu molto corrotto in quel vizio, sì di seminare scandalo tra li nobili bolognesi come eziandio tra i Romagnoli e' Bolognesi» (Lanèo); lo dolce piano: la bella pianura di Lombardia, che dal distretto di Vercelli, pel tratto di dugento e più miglia, dichina, si estende abbassandosi infino a Marcabò, castello oggi distrutto, situato sulla foce del Po, non lungi da Porto Primaro.
(76-78) a' due miglior da Fano: Guido del Cassero ed Angioiello da Cagnano, che Malatestino allettò a venir seco a parlamento alla Cattolica, terra sull'Adriatico tra Rimini e Pesaro. Entrati in mare come furon presso alla Cattolica, secondo l'ordine del tiranno, furono ammazzerati. L'Anonimo fiorentino: «Questi due, fidandosi, si missono in una barchetta per mare per venire alla Cattolica; messer Malatestino fece i suoi stare in quello mezzo con una altra barchetta: et come messer Malatestino avea loro comandato, presono messer Guido et Agnolo et gettaronogli in mare. - Credesi il fatto avvenuto nel (1304) - Così Malatestino, tolti via coloro ch'erano i maggiori uomini di Fano, poté trarre questa città in sua signoria».
(79-90) vasello: vascello, nave. Il Buti: «corpo». E Benv.: «de corpore vel de navi»; mazzerati: mazzerare val gettare alcuno in mare con una pietra al collo. «Mazzere diconsi quelle pietre che si attaccano alla tonnara» (B. B.). «Mazzerare è gittare l'uomo in mare in uno sacco legato con una pietra grande, o legate le mani e i piedi et uno grande sasso al collo» (B.); fello: «falso e rio» (B.); Tra l'isola di Cipri: Cipro, isola del Mediterraneo, la più orientale; Maiolica: Maiorica, la maggiore delle Baleari, che sono le isole più occidentali del Mediterraneo; non vide mai, ecc.: Dall'un capo all'altro del Mediterraneo, Nettuno non vide mai commettere sì gran misfatto né da corsali, né da gente argolica, né da Greci; gente argolica: «di mare, o vero naviganti. Argos fu chiamata la prima nave de' Greci ch'andò per mare» (B.); che vede pur con l'uno: che vede solamente con un occhio. «Non aveva che un occhio; l'altro perdé da fanciullo per un colpo, che da uno di sua etade vi ricevette entro» (O.); e tien la terra, ecc.: Rimini, che uno spirito che è qui meco non vorrebbe mai aver veduto; poi farà sì, ecc.: «che essi non avranno più bisogno, come gli altri naviganti, di far preghiera a Dio che gli scampi dal vento di Focara. Focara è monte della Cattolica - dove è una foce d'impetuosi venti» (O.). «Ove è sì gran tempesta di vento, che quando li naviganti vi passano, per la fortuna si botano e fanno priego a' santi» (B.). Onde il proverbio: «Deus custodiat te a vento Focariensi» (Benv.); non sarà lor mestier: «però che, prima ch'eglino vi sieno giunti, saranno morti» (Anonimo fiorentino).
(93-96) da la veduta amara: che mai non arebbe voluto veder Rimini; e non favella: e non può favellare. Vedi verso 101.
(97-102) scacciato: esule da Roma; il dubitar sommerse, ecc.: levò Cesare dal dubbio in che era, se obbedisse al Senato deponendo il comando, o, varcato il Rubicone, portasse le armi contro alla patria, per mantenersi nel potere; 'l fornito: «l'apparecchiato» (B.). Chi è preparato ad un'impresa ebbe danno sempre dal ritardarla. Luc., I, 281: «Tolle moras, nocuit semper differre paratis»; strozza: gola; Curïo, ecc.: «Curione, così ardito ai consigli. Luc.: "Audax venali comitatur Curio lingua"» (B.).
(104-108) i moncherin: le braccia senza mano - les moignons; sì che 'l sangue, ecc.: grondante da quelli gl'imbrattava il viso; Mosca: «degli Uberti o de' Lamberti, che, con altri compagni, uccise Buondelmonte de' Buondelmonti, per vendicare l'offesa inferita agli Amidei. Avea costui promesso di sposare una fanciulla di quella famiglia; ma tolse invece una de' Donati - come più bella; l'altra era rustica del corpo» (O.). «Una bertuccia la chiamava la vecchia Donati» (B.). Ora, consultando gli Amidei della vendetta, il Mosca propose di uccidere il Buondelmonti, allegando il proverbio: Cosa fatta, capo ha, ha poi fine; s'aggiusta poi. «Res facta finem capit» (Benv.). Il Buti: «quasi volesse dire: facciasi questo; qualche fine avrà poi la guerra»; 'l mal seme per la gente tosca: «di Toscana, che tutta entrò in parte e in divisione per questo» (B.). Avvenne nel 1215.
(109-111) E morte: distruzione; duol con duolo: il dolore dei tormenti infernali, con la ricordanza della estinzione della sua stirpe; matta: fuor di sé.
(112-117) Ma: «Nel senso virgiliano di copula, non di ritrattazione» (T.); avrei paura, ecc.: «temerei d'esser tenuto bugiardo narrandolo solo - a solo narrarlo» (Tor.); «senza testimoni, o altre prove» (B. B.); m'assicura: mi raffida; francheggia: «fa gagliardo e sicuro» (B.); sotto l'asbergo, ecc: «Come lo coretto dà franchezza all'uomo di mettersi tra' ferri, così la purità del vero dà sicurtà da parlare» (B.).
(118-126) par ch'i 'l veggia: sì l'ho in mente; pésol: penzolone; Oh me: ohimè; Di sé facea, ecc.: degli occhi del suo capo, ch'egli portava in mano, si valea come di lucerna e guida ai passi del proprio tronco; ed eran due, ecc.: «due parti d'uno intero, e uno intero in due parti» (Lanèo).
(127-131) diritto, ecc.: sotto noi appunto; levò, ecc.: appressò la testa a noi, perché ne venissero più vicino le parole che da quella uscivano; spirando: respirando.
(134-138) Bertram dal Bornio: visconte d'Altaforte, in Guascogna, guerriero e trovatore celebre. Era l'amico favorito di Enrico, figliuolo di Enrico II d'Inghilterra, chiamato il re giovane, perché fu coronato in vita del padre; fomentò la discordia tra il padre e il figliuolo. Il re giovane morì nel 1183; i ma' conforti: malvagi suggerimenti; in sé: l'un contro l'altro; ribelli: nemici; Achitofèl, ecc.: Achitofel co' suoi malvagi pungoli, o incitamenti, non fe' d'Assalonne e di Davidde due nemici maggiori, di quello che facessi io del re giovine e del re vecchio.
(139-142) partii: divisi; giunte: congiunte; partito porto, ecc.: porto il capo diviso dal tronco; dal suo principio: «dal cuore» (F.); «Dal midollo spinale» (T.); lo contrapasso: «dal lat. contra-pati» (Bl.). «Egli è differenza tra giustizia et contrapasso: giustizia si dice quando l'uomo ha morto uomo et egli è poi morto; in qualunque modo muoia, si dice giustizia. Contrapasso ha in sé più severità et ragione; ché vuole che nella esecuzione della giustizia tutte le cose occorrano che sono occorse nella offesa; ché vuole che l'uomo omicida sia morto quell'ora del dì ch'elli uccise, per quel modo et in quello luogo et con quelli ordigni et similia» (Anonimo fiorentino).

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